Illegittima la cartella esattoriale senza il criterio di calcolo degli interessi
La Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, con l’ordinanza n. 10481 del 3 maggio 2018 ha ribadito il principio secondo cui “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati un debito tributario dev’essere motivata dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi (Cass. n. 8651 del 2009 e n. 15554 del 2017)”.
Nel caso di specie, la Suprema Corte rigettava il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate confermando la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania che annullava la cartella di pagamento, limitatamente agli importi relativi agli interessi dovuti, mancando al suo interno l’indicazione dei criteri di calcolo.
Cassazione Civile, Sezione VI, n. 10481 del 3 maggio 2018
Rilevato
– che l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi nei confronti di M.P.C., che resta intimata, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR, in controversia relativa ad impugnazione di cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo delle somme dovute dalla contribuente ai fini IRPEF per l’anno 1996 così come risultanti da un avviso di accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza irrevocabile (n. 2781/46/2014), annullava la predetta cartella limitatamente all’importo degli interessi dovuti, mancando l’indicazione dei criteri di calcolo;
– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
– che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;
Considerato
– che è infondato e va rigettato il primo motivo di ricorso con cui la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, comma 1, 20 e 25, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, sostiene che avevano errato i giudici di appello nel ritenere necessaria l’esplicitazione nella cartella di pagamento, peraltro redatta secondo l’approvato modello ministeriale, dei criteri di calcolo degli interessi, essendo gli stessi rigidamente predeterminati per legge;
– che, invero, il motivo in esame si pone in aperta contraddizione con il principio giurisprudenziale, più volte ribadito da questa Corte e dal quale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui, «in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev’essere motivata (…) dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi» (Cass. n. 8651 del 2009 e n. 15554 del 2017);
– che il secondo motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 3 della legge n. 241 del 1990, per avere la CTR sancito la nullità della cartella per omessa allegazione alla stessa della sentenza definitiva emessa nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento, deve ritenersi assorbito, essendo comunque inammissibile perché diretta a censurare una ratio decidendi non rinvenibile nella predetta statuizione, in quanto il riferimento alla questione della necessaria allegazione alla cartella di pagamento della sentenza definitiva sul credito erariale si spiega per il fatto che la CTR opera una mera riproduzione della motivazione della sentenza di questa Corte n. 8651 del 2009, sopra citata, che anche di tale questione tratta, ma senza assumerla a fondamento della propria decisione;
– che, conclusivamente, il ricorso va rigettato senza necessità di provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell’intimata, mentre risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.