CONDOMINIO:infiltrazioni d’acqua, chi è il responsabile?
“la presunzione di condominio dell’impianto idrico di un immobile in condominio non può estendersi a quella parte dell’impianto stesso ricompresa nell’ambito dell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi, e di conseguenza nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri condomini”
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27248 del 26 ottobre 2018 ha sancito il principio secondo cui la presunzione di condominio dell’impianto idrico non si estende alla parte compresa nella sfera di proprietà esclusiva dei condomini, nemmeno alle diramazioni che, collegate al tratto del singolo appartamento, allacciato a quello comune, servono a portare acqua nelle singole unità abitative.
IL CASO: Due coniugi, comproprietari di un appartamento all’interno di un condominio, proponevano azione di risarcimento danni per infiltrazioni d’acqua contro la proprietaria dell’unità abitativa sovrastante. Il Tribunale accoglieva la domanda e condannava il Condominio chiamato in causa dall’originaria convenuta. La sentenza veniva confermata in sede di appello.
Il Condominio ricorreva in Cassazione sulla base di due motivi.
Con il primo motivo denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, comma 3, e 2051 c.c. sostenendo che la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto, con riferimento al condotto delle acque, che il criterio distintivo tra parte di proprietà esclusiva e parte di proprietà condominiale sia non quello dell’ubicazione, ma quello della destinazione.
Con il secondo motivo riproponeva le medesime doglianze sotto il profilo motivazionale: la Corte d’appello, pur avendo accertato che il punto di rottura dell’impianto si trovava all’interno dell’appartamento sovrastante ha ritenuto che, in mancanza di elementi tecnici diversi, tale punto fosse da considerarsi situato sulla parte di impianto di proprietà condominiale.
LA DECISIONE: Gli ermellini hanno accolto il ricorso del Condominio.
Secondo la Corte di Cassazione, la Corte di Appello ha errato nel ritenere l’impianto di proprietà condominiale.
La S.C., nella sentenza in commento, si è discostata totalmente da un precedente orientamento secondo cui: “la presunzione di comunione delle parti comuni, elencate dal n. 3 dell’art. 1117 c.c., fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, non sempre implica che, nell’ambito della porzione di fabbricato esclusiva del singolo condomino, non ricada alcuna parte comune” in quanto “il criterio distintivo tra parti comuni e parti esclusive del condominio è dato solo dalla loro destinazione, così che il condotto di acque è di proprietà esclusiva, indipendentemente dalla sua ubicazione, per la parte in cui direttamente afferisce al servizio del singolo e comune in tutta la restante porzione, in cui ad esso si innestano uno o più altri canali a servizio di altri condomini” (Cass. 2151/1964). Tale orientamento, secondo la Corte, per individuare la “diramazione degli impianti” di cui all’art. 1117 c.c. fa riferimento unicamente alla destinazione del condotto delle acque, prescindendo dal tutto dalla sua ubicazione, in contrasto con quanto prevede l’art. 2051 c.c. ossia “una forma di responsabilità che ha fondamento giuridico nella circostanza che il soggetto chiamato a rispondere si trovi in una relazione particolarmente qualificata con la cosa, intesa come rapporto di fatto o relazione fisica implicante l’effettiva disponibilità della stessa” (Cass. 19045/2010).
I Giudici di legittimità, dunque, hanno inteso aderire ad altro orientamento per cui “la presunzione di condominio dell’impianto idrico di un immobile in condominio non può estendersi a quella parte dell’impianto stesso ricompresa nell’ambito dell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi, e di conseguenza nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri condomini” (Cass. 2043/1963).
Pertanto, hanno cassato la sentenza e rinviato ad altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio.
Cassazione Civile, Sezione Seconda, sentenza n. 27248 del 26 ottobre 2018
Sentenza 26 ottobre 2018, n. 27248
Data udienza 13 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. SABATO Raffaele – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2522-2013 proposto da:
CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 621/2012 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 12/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
- Il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila 12 maggio 2012, n. 621, che, in sua contumacia, lo ha condannato quale responsabile dell’evento dannoso che ha colpito l’appartamento di (OMISSIS) e (OMISSIS), comproprietari di un appartamento del Condominio. I coniugi (OMISSIS) avevano proposto domanda di risarcimento del danno contro (OMISSIS) in (OMISSIS), proprietaria dell’appartamento sovrastante; la convenuta si era difesa affermando che la responsabilità era del Condominio, che si era costituito a mezzo dell’amministratore, chiedendo il rigetto della domanda e a sua volta proponendo domanda riconvenzionale. La domanda degli attori era stata accolta dal Tribunale di Sulmona, che aveva rigettato la domanda riconvenzionale del Condominio.
- (OMISSIS) in (OMISSIS) ha resistito con controricorso, nel quale ha eccepito il difetto di “mandato all’amministratore del Condominio di proporre ricorso per cassazione”.
- Questa Corte, con ordinanza n. 20695/2017, ha rilevato che il Condominio (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione senza produrre la deliberazione di autorizzazione e ha assegnato termine al Condominio per il deposito dell’autorizzazione dell’assemblea condominiale o della ratifica della costituzione del Condominio, in persona dell’amministratore, nel presente giudizio. Il Condominio ha depositato le autorizzazioni dell’assemblea a instaurare il presente giudizio di cassazione (deliberazione 2 gennaio 2013) e a nominare un nuovo difensore (deliberazione 8 novembre 2017). La controricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c., in cui ha eccepito che l’autorizzazione assembleare a instaurare il giudizio è stata depositata in copia, copia la cui conformità all’originale è stata dichiarata dall’amministratore.
- Gli intimati (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno proposto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va respinta l’eccezione relativa al deposito in copia formulata dalla contro ricorrente con la memoria, in quanto 9i tratta di contestazione generica (circa la necessità, a pena di inefficacia, che la contestazione della conformità all’originale di un documento avvenga “in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica (..) degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale” cfr., da ultimo, Cass. 2993/2017).
2. Il ricorso è basato su due motivi, che strettamente tra loro connessi, vanno congiuntamente esaminati. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 c.c., comma 3, e articolo 2051 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente interpretato l’articolo 1117, comma 3 o comunque ha applicato una norma inesistente, avendo ritenuto, con riferimento al condotto delle acque, che il criterio distintivo tra parte di proprietà esclusiva e parte di proprietà condominiale sia non quello dell’ubicazione, ma quello della destinazione. Il secondo motivo ripropone le medesime doglianze sotto il profilo della congruità della motivazione: la Corte d’appello, pur avendo accertato che il punto di rottura dell’impianto si trovava all’interno dell’appartamento di (OMISSIS) ha ritenuto che, in mancanza di elementi tecnici diversi, tale punto fosse da considerarsi situato sulla parte di impianto di proprietà condominiale.
I motivi sono fondati. Dall’accertamento dei fatti operato dal giudice di merito – accertamento insindacabile in questa sede – risulta che le infiltrazioni nell’appartamento di (OMISSIS) e (OMISSIS) sono state causate dalla rottura della chiave di stacco dell’acqua sita nella cucina dell’appartamento di (OMISSIS). Sulla base di queste premesse, la conclusione del giudice di responsabilità del condominio per i danni subiti dai (OMISSIS) non è corretta. È vero che, secondo un orientamento presente in questa Corte, “la presunzione di comunione delle parti comuni, elencate dal n. 3 dell’articolo 1117 c.c., fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini, non sempre implica che, nell’ambito della porzione di fabbricato esclusiva del singolo condomino, non ricada alcuna parte comune” in quanto “il criterio distintivo tra parti comuni e parti esclusive del condominio è dato solo dalla loro destinazione, cosi’ che il condotto di acque è di proprietà esclusiva, indipendentemente dalla sua ubicazione, per la parte in cui direttamente afferisce al servizio del singolo e comune in tutta la restante porzione, in cui ad esso si innestano uno o piu’ altri canali a servizio di altri condomini” (Cass. 2151/1964). Tale orientamento, che per individuare la “diramazione degli impianti” di cui all’articolo 1117 c.c. fa riferimento unicamente alla destinazione del condotto delle acque, prescindendo dal tutto dalla sua ubicazione, non convince, in quanto l’articolo 2051 c.c. prevede “una forma di responsabilità che ha fondamento giuridico nella circostanza che il soggetto chiamato a rispondere si trovi in una relazione particolarmente qualificata con la cosa, intesa come rapporto di fatto o relazione fisica implicante l’effettiva disponibilità della stessa” (Cass. 19045/2010). Il Collegio ritiene pertanto di seguire l’orientamento per cui “la presunzione di condominio dell’impianto idrico di un immobile in condominio non può estendersi a quella parte dell’impianto stesso ricompresa nell’ambito dell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi, e di conseguenza nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri condomini” (Cass. 2043/1963).
3. Il ricorso va pertanto accolto; l’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio al giudice d’appello che deciderà la causa attenendosi al principio sopra ricordato; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa a diversa sezione della Corte d’appello dell’Aquila, che provvederà anche il relazione alle spese del giudizio di legittimità.