Facebook: è illegittima la disattivazione dell’account senza motivo
Potrebbe capitare, aprendo il noto social network Facebook, che il nostro account sia stato sospeso o disattivato per una violazione del regolamento o, come nel caso deciso dal Tribunale di Pordenone, che Facebook abbia rilevato un contenuto inappropriato su segnalazione da parte di qualche altro utente.
Ma cosa fare quando si ritiene di non aver commesso alcuna violazione?
Nel caso affrontato dal Tribunale di Pordenone, il Giudice, con la ordinanza n. 2139/2018, ha stabilito che Facebook non può disattivare un account in base a violazioni solo presunte ed evidenziate senza alcun contraddittorio e, di conseguenza, ha ordinato al noto social network la riattivazione immediata del profilo del ricorrente, condannandolo al pagamento di una penale per ogni giorno di ritardo, cd. “astreintes”.
IL CASO: Un utente Facebook si era visto disattivare e cancellare il proprio profilo personale ed era, quindi, stato privato di qualsiasi accesso alla gestione della propria pagina perché aveva pubblicato un video tratto dal profilo pubblico Instagram del Torneo di Wimbledon relativo al punto decisivo di un importante incontro tennistico (Federer-Lacko), segnalato da una società per l’uso illegittimo.
Senonché, l’uomo, avvertito del presunto illecito, provvedeva immediatamente alla cancellazione del video ed a scusarsi con la società ma ciò non bastava ad evitare la chiusura del proprio account e della propria pagina Facebook.
Pertanto, l’uomo, ritenendo illegittimo il comportamento assunto da Facebook, ha promosso un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. nei confronti del social network affinché il giudice ordinasse a quest’ultimo la riattivazione del proprio profilo personale e della propria pagina e condannasse al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento imposto dal Tribunale (c.d. “astreintes”).
LA DECISIONE: Il Tribunale ha accolto il ricorso stabilendo che alcuna chiara e reiterata violazione da parte dell’utente delle condizioni contrattuali o della normativa è riscontrabile nel comportamento del ricorrente. Anzi, la disattivazione e cancellazione del profilo personale del ricorrente viola le stesse regole contrattuali stabilite dal social nonché il diritto di libera espressione del pensiero come tutelato dalla Costituzione.
Ed infatti il Giudice ha osservato che “tra gli obblighi assunti da Facebook Ireland Limited, c’è la garanzia all’utente della “Possibilità di esprimersi e di comunicare in relazione agli argomenti di interesse dell’utente” (cfr. Sezione 1, punto terzo, doc. 11, cit.) dal momento che, come sostiene la stessa Facebook, “aiutiamo l’utente a trovare e connettersi con persone, gruppi, aziende, organizzazione altri soggetti di interesse” (cfr. Sezione 1, punto secondo, ns. doc. 11, cit.). Su tali basi, quindi, la prestazione individuabile in capo alla Resistente consiste nell’offerta ai propri iscritti di un preciso servizio telematico basato sul libero accesso ed uso della propria piattaforma web. E’, del resto, la stessa società resistente a confermare che “L’utente è libero di condividere i contenuti con chiunque, in qualsiasi momento” (cfr. Sezione 3.3.1, doc. 11, cit.). Facebook si impegna, inoltre, ad assicurare “l’Offerta di esperienze coerenti senza interruzioni nei prodotti delle aziende di Facebook” (cfr. Sezione 1, punto settimo, ns. doc. 11, cit.)”.
Peraltro – rileva il Tribunale – la società resistente non ha consentito al ricorrente di giustificarsi ma ha adottato un rimedio sproporzionato rispetto agli addebiti mossi tenuto conto che quest’ultimo, appena avvertito del presunto illecito, ha subito provveduto a rimuovere il video ed ha inviato una lettera di scuse alla società che aveva segnalato a Facebook l’uso illegittimo del video.
Il Giudice, inoltre, ritenuto che l’art. 614 bis c.p.c. consente di fissare con il provvedimento di condanna e su istanza di parte una somma di denaro a titolo di penale per ogni giorno di ritardo nella esecuzione del provvedimento medesimo, ha condannato Facebook al pagamento in favore del ricorrente della somma di euro 150,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione di quanto ordinato.
Tribunale di Pordenone, ordinanza n. 2139/2018
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