Sinistro stradale: escluso il risarcimento per le lesioni al volto se viene utilizzato il cd. “casco a scodella”
La Corte di Cassazione, con la ordinanza n. 20558 del 30 luglio 2019, si è espressa sull’uso del casco a scodella (cd. DMG) confermando la sentenza della Corte di Appello di Napoli che aveva negato il risarcimento delle lesioni riportate al volto, a causa di un sinistro stradale, poiché evitabili con l’utilizzo di un casco regolare.
Gli Ermellini, infatti, spiegano che “la legge 29 luglio 2010 n. 120, all’articolo 28, con decorrenza dal 12 ottobre 2010, ha reso illegittimo l’utilizzo del casco con omologazione DGM anche per i ciclomotori, mentre per gli altri veicoli (motocicli) la sospensione delle omologazioni era già intervenuta con D.M. 28 luglio 2000”.
In effetti, l’utilizzo del “casco a scodella” è previsto per i soli conducenti di una bicicletta, per chi utilizza i roller blade, lo skateboard e attrezzi simili.
Cassazione Civile, Sezione VI, ordinanza n. 20558 del 30 luglio 2019
Corte di Cassazione
sez. VI Civile – 3,
ordinanza 10 gennaio – 30 luglio 2019, n. 20558
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Presidente Frasca – Relatore PositanoRitenuto che
– Lu. No. evocava in giudizio, davanti al Giudice di pace di Pozzuoli, Assicurazioni Generali Italia S.p.A., nella qualità di impresa designata dal Fondo di garanzia vittime per la strada, Progress Assicurazioni S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa e Ro. Ca. per ottenere il risarcimento per le lesioni subite per effetto del sinistro verificatosi il (omissis), deducendo che, mentre percorreva una strada in tale comune, a bordo del proprio motociclo, era stato urtato dall’autovettura di proprietà di Ro. Ca. e assicurata con la compagnia Progress Assicurazioni S.p.A., poi posta in liquidazione coatta amministrativa, con conseguente legittimazione passiva di Generali Italia. Il Giudice di pace rigettava la domanda ritenendo non provato che il veicolo del convenuto fosse garantito con la compagnia Progress Assicurazioni S.p.A. al momento del sinistro; – avverso tale decisione non proponeva appello ritenendo errata la decisione in quanto il teste escusso aveva riferito della esistenza della copertura assicurativa del veicolo investitore. Si costituiva esclusivamente Generali Italia concludendo per il rigetto dell’appello; – il Tribunale di Napoli, con sentenza del 19 maggio 2017, riteneva errata la decisione di primo grado perché il teste escusso aveva espressamente riferito di avere visto il contrassegno assicurativo in questione. Deposizione confermata dall’esibizione in appello del contrassegno, da ritenere legittima in quanto indispensabile. In ordine alla determinazione del danno il Tribunale rilevava che le lesioni sarebbero state evitate con l’uso di un casco regolare, mentre nel caso di specie, come dichiarato dal teste, l’attore indossava un casco cd a scodella. Si tratta di un accessorio il cui uso non era consentito per i conducenti dei motocicli. Pertanto, in applicazione l’articolo 1227, secondo comma c.c. il Tribunale riteneva risarcibili solo le lesioni diverse da quelle subite al volto (spalla e corpo) liquidando il relativo danno; – avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Lu. No. affidandosi a due motivi. Gli intimati non svolgono attività difensiva in sede di legittimità.Considerato che
– con il primo motivo si deduce la violazione l’articolo 171 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada), in riferimento all’articolo 360, n. 3 c.p.c. Rileva il ricorrente che il sinistro si è verificato nel lontano 15 maggio 2008 per cui il giudice di appello, nel ritenere illegale il casco protettivo cd a scodella, cioè con omologazione DGM non avrebbe tenuto conto che tale disposizione era stata introdotta a partire dal 12 ottobre 2010. L’articolo 28 della legge 29 luglio 2010, n. 120, in materia di sicurezza stradale, aveva modificato l’articolo 171 del Codice della strada che riguarda l’utilizzo del casco protettivo per i conducenti dei veicoli a due ruote adeguando la normativa italiana ai regolamenti comunitari, prevedendo, al secondo comma, che le modificate disposizioni dell’articolo 171 avrebbero trovato applicazione dal 60 giorno successivo alla entrata in vigore della legge (12 ottobre 2010). Pertanto poiché il sinistro era intervenuto prima di quella data al conducente non avrebbe potuto essere addebitata alcuna responsabilità per l’utilizzo di un casco di protezione comunque legittimo; – con il secondo motivo si lamenta la violazione di articoli 112 e 115 c.p.c. con riferimento all’articolo 360, n. 4 c.p.c. rilevando che la circostanza posta a sostegno della decisione, rappresentata dall’uso di un casco non previsto dalla legge, era stata rilevata d’ufficio dal Tribunale in difetto di eccezione di controparte. Pertanto, il giudice di appello avrebbe esaminato circostanze di fatto in violazione dell’articolo 112 c.p.c. – il primo motivo è infondato perché la legge 29 luglio 2010 n. 120, all’articolo 28, con decorrenza dal 12 ottobre 2010, ha resto illegittimo l’utilizzo del casco con omologazione DGM anche per i ciclomotori, mentre per gli altri veicoli (motocicli) la sospensione delle omologazioni era già intervenuta con D.M. 28 luglio 2000. Pertanto, parte ricorrente avrebbe dovuto dedurre, ai sensi dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. che la vicenda riguardava la circolazione di un ciclomotore, cioè di un veicolo a due ruote di cilindrata non superiore a 50 c.c. e velocità massima di 45 km all’ora. Tale elemento difetta nel ricorso ed anzi, il Tribunale si riferisce sempre alla circolazione in un motociclo, cioè di un veicolo con cilindrata e velocità superiori, per il quale il divieto di utilizzo del cd casco a scodella (DGM) era assai precedente alla data di verificazione del sinistro; – il secondo motivo è infondato poiché il principio di non contestazione è evocato a torto, dato che si fa riferimento non alla mancata contestazione di un fatto, bensì alla mancata contestazione di una qualificazione di liceità dell’uso del casco a scodella, che, inerendo ad un problema di individuazione del diritto applicabile ai fatti doverosamente il Tribunale ha fatto, applicando il principio iura novit curia; – per il resto, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12840 del 22/05/2017, Rv. 644383 – 01); – ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; nulla per le spese perché la parte intimata non ha svolto attività processuale in questa sede. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) -della sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna. Nulla per le spese. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I bis dello stesso articolo 13.Condividi sui social: