TIK TOK, MADRE CONDANNATA A RIMUOVERE I VIDEO DELLA FIGLIA MINORE PUBBLICATI SENZA IL CONSENSO DEL PADRE

Tribunale di Trani, Sez. Civile, ordinanza del 30 agosto 2021

da | Ott 1, 2021 | Civile, Giurisprudenza

Il Tribunale di Trani, con l’ordinanza del 30 agosto 2021, ha accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso dal padre di una minore di 9 anni nei confronti della madre, da cui era legalmente separato, per rimuovere le immagini e le informazioni relative alla figlia pubblicate sul noto social network, inibendone la futura diffusione senza l’espresso consenso paterno e condannando la madre, ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c., al pagamento di una somma di denaro – in favore della figlia – per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento e per ogni violazione o inosservanza successiva.

Attenzione a pubblicare sui social network le immagini o i video che ritraggono i propri figli minori senza il consenso dell’altro genitore. Il Tribunale di Trani si è occupato dei filmati condivisi su Tik Tok da un genitore confermando l’orientamento della giurisprudenza volto alla tutela dei diritti della personalità del minore all’interno del web.

Il caso.

Il padre di una minore di 9 anni ha proposto un ricorso in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per chiedere la condanna della madre, con la quale era separata legalmente, a rimuovere dal social network Tik Tok le immagini ed i video della figlia, pubblicati senza il proprio consenso.

Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto privo della indicazione della futura domanda di merito. Promosso reclamo al Tribunale in composizione collegiale, il Collegio risolvendo e superando preliminarmente la questione procedurale, ha riformato integralmente il provvedimento impugnato. 

La decisione.

Il Tribunale di Trani ha ritenuto sussistere entrambi i requisiti per la concessione della misura cautelare, ossia il fumus boni iuris e il periculum in mora, requisiti che “vengono valutati anche tenendo conto di elementi quali l’a-territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico indeterminato, per un tempo non circoscrivibile”.

In ordine al requisito del fumus boni iuris, i Giudici hanno precisato che la pubblicazione di immagini e/o  video del minore sul social network configura la violazione di diverse norme nazionali, comunitarie e internazionali: l’art. 10 c.c. che punisce l’esposizione e la pubblicazione dell’immagine di una persona; il D. Lgs. 196/2003, cd. Codice della Privacy, per la tutela della riservatezza dei dati personali; gli artt. 1 e 16, comma 1, della Convenzione di New York del 1989, ratificata dall’Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176, ove l’art. 16 stabilisce espressamente che “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”; il Regolamento UE n. 679 del 27 aprile 2016 (entrato in vigore in data 25 maggio 2018) ove all’art. 8 dispone che il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”. In particolare, l’art. 2 quinquies del D.Lgs. n. 101/2018 del 2018 ha fissato, in Italia, il limite di età ai 14 anni e, pertanto, i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale possono prestare consenso alla pubblicazione di immagini del minore di anni 14, purché concordemente e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore.

Nel caso di specie, i Giudici hanno rilevato che manca del tutto il consenso del padre alla pubblicazione dei contenuti riguardanti la minore, evidenziando che la possibilità del padre di visionare il profilo social della madre non equivale all’accettazione della pubblicazione dei video riguardanti la figlia. Peraltro, l’accordo di separazione non contiene riferimenti alla possibilità per i genitori di condividere sui social  video o immagini della figlia minore.

In ordine all’altro requisito del periculum in mora, il Tribunale ha affermato che “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati. Dunque, il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente” (cfr. Trib. Mantova, 19.9.2017, anche Trib. Roma, 23.12.2017).

Pertanto, in accoglimento del reclamo, il Tribunale: – ha ordinato alla madre di rimuovere le immagini, i dati e le informazioni riferibili alla figlia e che sono stati pubblicati nei social network; – ha inibito, dalla comunicazione del provvedimento, di diffondere immagini, informazioni e dati che si riferiscono alla minore senza il consenso espresso anche del padre. Infine, in ordine alla richiesta di condanna ex art. 614 bis c.p.c., tenuto conto della necessità di tutelare l’integrità della minore e l’interesse ad evitare la diffusione delle proprie immagini a mezzo web, ha determinato in euro 50 la somma da versare dalla madre sul conto della figlia minore per ogni giorno di ritardo nell’eseguire l’ordine di rimozione.

Tribunale di Trani, Sez. Civile, ordinanza del 30 agosto 2021

TRIBUNALE di TRANI

Sezione Civile

Il Tribunale di Trani, Sezione civile, riunito in camera di consiglio nelle persone dei signori

magistrati:

Dr. ALBERTO BINETTI – Presidente

Dr.ssa MARISTELLA SARDONE – Giudice

Dr.ssa Maria Azzurra GUERRA – Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel procedimento iscritto al numero 3445/2021 R.G.A.C.C. avente per oggetto reclamo al Collegio ex artt. 669 terdecies c. p. c., vertente tra:

XXXXX – reclamante

YYYY – reclamata contumace

All’udienza del 24.8.2021 il Tribunale, verificata la regolarità della notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione di udienza alla reclamata, udita la discussione orale del procuratore di parte ricorrente, ha riservato la causa per la decisione.

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

Accoglimento totale del 30/08/2021

RG n. 3445/2021

Con ricorso depositato il 6.7.2021 Il padre ha proposto reclamo avverso l’ordinanza n. 1544/2021 del giudice monocratico del Tribunale di Trani, depositata il 18.6.2021, e comunicata il 22.6.2021, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c., proposto dall’odierno istante per la condanna di Caia, coniuge da cui è legalmente separato a partire dal 2019, alla rimozione dai social network ed inibizione di pubblicazione di immagini e video della figlia minore ……, nata il…..2011, in quanto pubblicati senza il consenso del padre. In particolare, il Tribunale ha fondato la decisione di inammissibilità sulla mancata indicazione del giudizio di merito che il ricorrente in primo grado avrebbe intrapreso in caso di accoglimento della domanda cautelare.

A sostegno del gravame, il reclamante ha rilevato che l’ordinanza impugnata sarebbe fondata sulla non corretta interpretazione della disciplina del provvedimento cautelare atipico e del contenuto del ricorso, da cui era possibile evincere l’instauranda azione di merito. Tutto ciò premesso, ha chiesto la revoca dell’ordinanza reclamata ed il conseguente accoglimento della domanda di cautelare, il tutto con vittoria delle spese della doppia fase processuale.

La reclamata, nonostante la regolare notifica del ricorso introduttivo e del decreto di fissazione di udienza, avvenuta il 26.7.2021 all’indirizzo pec del procuratore costituito nella fase cautelare, non ha inteso partecipare al gravame.

All’udienza del 24.8.2021 il Collegio, udita la discussione orale del procuratore di parte reclamante, si è riservato per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il proposto reclamo può trovare accoglimento per le ragioni di seguito indicate.

In via generale, la necessità della formulazione, nel ricorso cautelare, dell’eventuale azione di merito è stata desunta dalla giurisprudenza in via di interpretazione teleologica al fine di consentire al Giudice adito il controllo della propria competenza, la verifica del rapporto di strumentalità fra la tutela cautelare richiesta e l’azione di cognizione i cui effetti si intende anticipare o assicurare provvisoriamente ed infine la calibrazione dell’istruttoria in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto.

A più riprese la giurisprudenza di merito ha affermato che “La mancata indicazione nel ricorso cautelare delle conclusioni di merito comporta l’inammissibilità dello stesso, sempre che dal tenore dello stesso non sia possibile dedurre chiaramente il contenuto del futuro giudizio di merito; in altre parole, il ricorso contenente una domanda cautelare proposta prima dell’inizio della causa di merito deve contenere l’esatta indicazione di quest’ultima o, almeno, deve consentirne l’individuazione in modo certo, in quanto solo tale indicazione consente di accertare il carattere strumentale, rispetto al diritto cautelando, della misura richiesta” (si veda, Trib. Roma, 16.4.2020; Trib. Lodi, 23.8.2019; Trib. Torino, 15.1.2018).

Tale orientamento è stato fatto proprio dal Giudice della cautela il quale ha fondato la propria decisione sulla scorta della mancata indicazione, neppure di massima, da parte del ricorrente dell’eventuale instauranda azione di merito.

Non può però prescindersi dal dato sistematico in quanto alcuna norma positiva sanziona con la nullità o l’inammissibilità l’omessa indicazione del contenuto della causa di merito futura.

Conseguentemente, in distonia con il suindicato orientamento, deve ritenersi che la sola mancata indicazione nel ricorso ex art. 700 c.p.c. delle conclusioni di merito non potrebbe comportare l’inammissibilità dello stesso se dal suo tenore complessivo fosse possibile dedurre il contenuto del futuro giudizio.

In altri termini, poiché tale elemento costituisce semplicemente un requisito di carattere teleologico, ricavato sistematicamente in funzione dello scopo dell’atto, è evidente che non occorre il rispetto di formule solenni e sacramentali, e neppure l’esposizione di precise  conclusioni di merito (che in molti casi risulterà addirittura impossibile formulare); è invece sufficiente, nella prospettiva del conseguimento dello scopo dell’atto (art. 156, commi 2 e 3 c.p.c.) che dal ricorso sia possibile desumere con sufficiente precisione il tenore della domanda di merito a cui la tutela cautelare invocata risulta preordinata.

Tale conclusione tiene conto delle peculiarità della fattispecie in esame in cui vi è totale coincidenza fra il tenore della richiesta cautelare e il contenuto della pronuncia di merito futura (condanna alla rimozione dei video e foto pubblicati sui profili social della madre e inibizione, per il futuro, alla pubblicazione di ulteriori senza il consenso del padre ) che è lecito evincere dall’intero ricorso, letto secondo buona fede e ragionevolezza. Appare, infatti, evidente che il ricorrente mira ad ottenere ora, urgentemente e in sede cautelare, quella stessa pronuncia che potrebbe richiedere poi in sede di ordinaria cognizione.

Inoltre, tale interpretazione, più attenta all’aspetto sostanziale, è coerente con la nuova disciplina dei provvedimenti cautelari atipici a contenuto anticipatorio, introdotta dal D.L. n. 35/2005 e caratterizzata dalla forte attenuazione per i provvedimenti anticipatori del c.d. vincolo di strumentalità, con conseguente non necessità di instaurazione del giudizio di merito.

Il referente normativo della natura eventuale della fase a cognizione piena è rappresentato dal sesto comma dell’art. 669 octies c.p.c., che esclude l’applicabilità dell’art. 669 novies primo comma c.p.c. (inefficacia del provvedimento cautelare a seguito di mancata instaurazione del giudizio di merito entro il termine perentorio fissato dal giudice della cautela e comunque oltre i sessanta giorni) per i provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito”.

Per tali ragioni, dunque, il reclamo deve essere accolto con riforma integrale del provvedimento impugnato.

Passando all’esame del merito, la domanda proposta in primo grado può trovare accoglimento, sussistendo entrambi i requisiti per la concessione della tutela cautelare. Appare opportuno ribadire, come già precisato da questo Tribunale in analoga fattispecie, che “i requisiti del fumus e del periculum vengono valutati anche tenendo conto di elementi quali l’a – territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico indeterminato, per un tempo non circoscrivibile” (Trib. Trani, ord. 7.6.2021). Il fatto storico è incontestato, in quanto la stessa Caia, nella comparsa di costituzione e risposta in primo grado (depositata il 4.6.2021) non ha negato di aver postato i video della minore ……. sul social network Tiktok a partire dal maggio 2020. Tale comportamento integra violazione di plurime norme, nazionali, comunitarie ed internazionali:art. 10 c.c. (concernente la tutela dell’immagine), artt. 1 e 16 I co. Della Convenzione di New York del 20.1111989 ratificata dall’Italia con L. n. 176/1991 (in particolare, l’art. 1 prevede l’applicazione delle norme della convenzione ai minori di anni diciotto mentre l’art. 16 stabilisce che “1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti”); art. 8 Reg. 679 /2016 (entrato in vigore il 25.5.2018) che considera l’ immagine fotografica dei figli dato personale, ai sensi del c.d. Codice della Privacy (e specificamente dell’art. 4, lett. a), b) c) D.Lgs n. 196/20039 e la sua diffusione integra un’interferenza nella vita privata, sicchè nel caso di minori di anni sedici, è necessario che il  consenso alla pubblicazione di tali dati sia prestato dai genitori, in vece dei propri figli, concordemente fra loro e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore (art. 97 L. n. 633/41). In tale prospettiva, il legislatore italiano, all’art. 2 quinquies del D.Lgs. 101/2018 ha fissato il limite di età da applicare in Italia a 14 anni.

Nel caso di specie non vi è prova del consenso del padre alla pubblicazione di tali video. Non può trovare accoglimento la tesi difensiva della … secondo cui i Tizio era a conoscenza della pubblicazione degli stessi avendo egli accesso al profilo della moglie. La possibilità di visionare un profilo social non equivale ad accettazione della pubblicazione di video e foto ritraenti la figlia minore. La proposizione del ricorso cautelare, seppur a distanza di qualche mese dalla pubblicazione, è espressione del dissenso, i.e. mancato consenso, del genitore.

Né può tener luogo del consenso l’intervenuta transazione del 22.4.2021 regolante aspetti patrimoniali dei rapporti familiari e non contenente alcun riferimento alla pubblicazione di foto e video sui social da parte dei due genitori.

È inoltre incontestato che la minore … al momento della pubblicazione dei video e foto aveva circa nove anni.

Oltre al prospettato fumus boni iuris sussiste, altresì, il periculum in mora, in quanto, come precisato dalla giurisprudenza di merito, “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto online, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati. Dunque, il pregiudizio per il minore è insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente” (cfr. Trib. Mantova, 19.9.2017). Alla luce delle suesposte considerazioni, dunque, il provvedimento gravato deve essere integralmente riformato con conseguente accoglimento della domanda cautelare e condanna di Caia alla rimozione dai propri profili social delle immagini relative alla minore … … ed alla contestuale inibitoria dalla futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori.

Infine, merita accoglimento la richiesta di condanna ex art. 614 bis c.p.c., tenuto conto della necessità, nella vicenda in esame, di tutelare l’integrità della minore e l’interesse ad evitare la diffusione delle proprie immagini a mezzo web nonché, in quanto collegato a questo, dell’interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto degli obblighi sopra sanciti.

L’accoglimento del reclamo impone una nuova statuizione sulle spese da porsi a carico della reclamata soccombente e da liquidarsi in dispositivo, secondo lo scaglione valoriale, previsto dal D.M. n. 55/2014 e s.m.i. per le controversie di non particolare complessità ( da 5.200,00 a 26.000,00) e con esclusione della fase istruttoria, tenuto conto della natura documentale del procedimento.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sul reclamo avverso l’ordinanza del giudice monocratico del Tribunale di Trani n. 1544/2021 depositata il 18.6.2021 e comunicata il 22.6.2021 nel procedimento iscritto al n. 3445/2021 R.G.A.C.C., proposto da Il padre con ricorso depositato il 6.7.2021 così provvede:

  1. accoglie il reclamo e, per l’effetto, riforma integralmente il provvedimento impugnato; sempre per l’effetto, in accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c., dispone che … provveda, entro il 10.9.2021, alla rimozione di immagini, informazioni, dati relativi alla minore … ., inseriti su social networks, comunque denominati;
  2. inibisce dal momento della comunicazione del presente provvedimento a Caia la diffusione sui social networks, comunque denominati, e nei mass media delle immagini, delle informazioni e di ogni dato relativo alla minore … …, in assenza dell’espresso consenso di Il padre;
  3. determina ex art. 614-bis c.p.c., nella misura di Euro 50,00, la somma dovuta da Caia, per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore della minore, da versarsi su conto corrente intestato alla medesima;
  4. condanna Caia a rifondere al padre le spese della fase cautelare e di quella del reclamo, che si liquidano in complessivi Euro 250,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari, oltre rimborso forfettario del 15% delle spese generali, CPA e IVA, come per legge.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.

Così deciso in Trani il 30 agosto 2021.

Depositata in Cancelleria il 30 agosto 2021

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